Il 28 aprile 1895 in via Cimabue, nel cuore di uno dei vecchi quartieri di case popolari di Firenze da una famiglia di artigiani nasce un uomo destinato a cambiare la storia della pittura del Novecento.
Ottone Rosai studia all'Istituto d'arte e frequenta poi l’Accademia delle Belle Arti da cui sarà però allontanato a causa di un carattere vulcanico e ribelle.
Intanto diventa amico di Ardengo Soffici che lo avvicina al mondo del futurismo. Tramite questi incontri intellettuali che si svolgono presso il caffè Le Giubbe Rosse matura un proprio ideale che si dispiegherà nei drammatici frangenti della prima guerra mondiale. Tornato dal fronte, sfoga le proprie convinzioni antiborghesi e anticlericali aderendo al partito fascista; la sua produzione artistica resta però lontana dalle logiche della propaganda di regime.
Dopo la stipula dei Patti Lateranensi entra in aperto dissenso con il partito; i gerarchi fascisti da quel momento gli renderanno la vita difficile, inducendolo a sposare un’amica d’infanzia per mettere a tacere le voci sulla sua omosessualità e per consentirgli di continuare a dipingere.
La vita di Ottone è pervasa da un forte disagio esistenziale, il suicidio del padre e il più intimo vissuto privato lo renderanno soggetto ad una forte colpevolizzazione che si rifletterà su tutta la sua produzione.
La sua pittura cambia radicalmente tra gli anni ’20 e ’30 del XX secolo, abbandona gli esordi futuristi (quasi cubisti a tratti) e si sposta verso canoni più classici; i soggetti della sua pittura diventano strade e vicoli fiorentini, paesaggi della nostra campagna e poveri antieroi protagonisti di un’umanità scelta tra quella dei più umili. In questa sorta di “verismo” emotivo i tratti si caricano di pessimismo e d’insofferenza verso il mondo e le sue ingiustizie.
Mentre la vita di Rosai si fa sempre più solitaria e isolata, il suo tratto si fa sempre più scarno e deciso e i vicoli che amava ritrarre sempre più stretti e claustrofobici, ma la sua forza evocativa resta potente, un’intensa forza espressiva da comunicare a chiunque gli si accosti.
Muore prematuramente nel 1957, mentre allestisce una mostra personale a Ivrea, lasciando un percorso artistico ancora gravido di grande inventiva.